In assenza di disturbi specifici di fegato, gli esami sono necessari per chi presenta fattori di rischio per le epatiti: la convivenza con familiari infetti o con cirrosi, una storia di tossicodipendenza, emotrasfusioni, tatuaggi, l’uso in famiglia di strumenti contaminati come siringhe di vetro. I partner sessuali di portatori cronici di HCV/HBV devono effettuare il test, anche se le probabilità di risultare infetti sono comunque basse.
In molti pazienti l’epatite acuta non dà alcun sintomo. Quando presenti i sintomi sono: malessere e stanchezza; anoressia con nausea, ittero. Le epatiti croniche non danno disturbi identificabili, anche quando stanno evolvendo in cirrosi. Soltanto nelle fasi più avanzate della cirrosi possono comparire chiari segni di malattia, come accumulo di liquido nell’addome o gonfiore delle caviglie, emorragie dell’apparato digerente, ittero e disturbi alla coscienza causati dall’insufficienza epatica.
A volte la malattia cronica del fegato viene diagnosticata casualmente grazie ad esami di laboratorio eseguiti per altre ragioni, che dimostrano valori epatici alterati (solitamente le transaminasi).
Modesti rialzi delle transaminasi non significano sempre epatite: spesso sono causati da steatosi epatica (accumulo di grassi nel fegato) dovuta a sovrappeso, diabete, aumento del colesterolo o eccessivo uso di alcool.
Si, per quanto riguarda i virus epatici. I test praticati sulle singole unità di sangue donato escludono con certezza la presenza di virus epatici. Anche la possibile “fase finestra” (periodo in cui il test per gli anticorpi è negativo pur essendo presente il virus) è annullata dalle tecniche attualmente disponibili. Il rischio di epatite trasfusionale è oggi dell’ordine di 1 caso ogni 50-100 mila donazioni. Tutti i prodotti derivati dal sangue (fattori della coagulazione, albumina, immunoglobuline) sono oggi controllati con metodi ad altissima sensibilità e sottoposti ad efficienti processi di sterilizzazione: il rischio nelle donazioni di sangue è ridotto praticamente a zero.
I chiari fattori di rischio sono: tossicodipendenza, promiscuità sessuale, omosessualità o bisessualità, tatuaggi, una storia di malattia di fegato.
In ogni caso è necessario prendere sempre le precauzioni atte ed evitare eventuali contagi: avere rapporti sessuali protetti, evitare l’uso in comune di oggetti potenzialmente contaminati dal sangue e – per l’epatite B – eseguire la vaccinazione.
I soli animali che possono ospitare i virus epatitici umani sono alcune varietà di scimmie. Non esiste nessuna possibilità pratica che epatiti virali vengano trasmesse da animali domestici o da cortile.
Per il virus dell’epatite A ed il virus dell’epatite E (a trasmissione feco-orale) è utile la disinfezione degli impianti igienici con Lysoform. Lo stesso disinfettante, opportunamente diluito, può essere usato per lavare vegetali o disinfettare acque potenzialmente infette.
Per i virus dell’epatite B, C, D (a trasmissione parenterale) la principale misura di prevenzione è l’accurata eliminazione in sacchetti di plastica sigillati dei materiali sporchi di sangue dei portatori (batuffoli di cotone, garze, cerotti, tamponi igienici). Un disinfettante adeguato a pulire superfici sporche di sangue è l’ipoclorito di sodio al 10% (varechina), mentre non è adatto l’alcool etilico. Da ricordare che alcuni virus, specie se contenuti in gocce di sangue essiccato, resistono a lungo nell’ambiente esterno.
La risposta a questa domanda può venire solo dal medico curante. Dopo la scoperta del virus nell’organismo, il medico curante ha probabilmente provveduto ad effettuare test utili per escludere la presenza di malattia del fegato (una visita accurata; alcuni esami del sangue come transaminasi, bilirubina, emocromo e conta delle piastrine; altri marcatori virali che chiariscono meglio il quadro dell’infezione; un’ecografia epatica). Se ciò non è stato ancora fatto, è opportuno contattare rapidamente il medico.
Nei casi di epatite A o epatite E, la guarigione completa e senza conseguenze è solo questione di poche settimane, al massimo qualche mese.
In caso di infezione da epatite B, il quadro dei marcatori virali mostra se si tratta di infezione acuta o se di un’infezione cronica. Il portatore cronico di HBsAg (ovvero un soggetto che presenta nel sangue l’antigene di superficie del virus HBV (Hepatitis B Surface Antigen, HBsAg) spesso ha danni al fegato. Per l’infezione da epatite C controlli ripetuti per 6-12 mesi dal riscontro del virus permettono di capire se si tratta di infezione acuta o cronica.
Il portatore di epatite B o di epatite C con persistenti valori normali delle transaminasinon ha motivi di allarme. Rimane inteso che deve periodicamente sottoporsi ad un controllo di esami del sangue per escludere la riattivazione dell’infiammazione del fegato, cioè l’aumento delle transaminasi.
Se invece il portatore ha un’epatite cronica con transaminasi elevate, le attuali cure eliminano l’infezione da virus da epatite C o stemperano l’infezione da virus da epatite B. Queste cure sono indicate in pazienti accuratamente selezionati, data la bassa tendenza all’evoluzione in cirrosi di molte forme, il lento decorso delle malattie e la tossicità delle cure. Se il portatore ha già una cirrosi, alcuni esami come l’ecografia epatica e la gastroscopia informano sul grado di ipertensione portale (cioè l’eventuale ostacolo al flusso del sangue nel fegato) e sulla possibile presenza di splenomegalia(ingrandimento della milza, con conseguente riduzione dei leucociti e delle piastrine nel sangue) o di varici esofagee o gastriche (fonti di possibili emorragie), nonché sul rischio di evoluzione del fegato in tumore.
Un portatore di epatite B inattivo ha possibilità remote di sviluppare un epatocarcinoma. La possibilità di tumore è maggiore se è già presente la cirrosi epatica. In questo caso, la probabilità di sviluppare cancro del fegato è circa 3% per ogni anno di malattia.
E’ quindi necessario che i cirrotici si sottopongano a controllo del fegato ogni 6 mesi con ecografia dell’addome, per cogliere precocemente un eventuale tumore e sottoporsi alle cure adeguate.
Cosa può succedermi se, da portatore cronico, mi infetto con un altro dei virus che causano epatite?
Due cause di danno epatico che si sovrappongono aggravano il quadro della malattia di fegato, accelerando l’evoluzione a cirrosi. I consigli atti ad evitare i contagi validi per le persone sane sono a maggior ragione indicati per i portatori cronici.
Nei soggetti immunocompetenti l’epatite acuta virale non richiede trattamento antivirale. L’epatite cronica B può essere trattata efficacemente con interferone olamivudina. Poiché entrambi i trattamenti non sono in grado di eliminare il virus e devono essere somministrati per lunghi periodi o a cicli, solo pazienti con più severa malattia del fegato sono indicati a ricevere cure.
I Peg – interferoni associati a ribavirina possono guarire più del 50% di tutti i pazienti con epatite cronica C, eliminando completamente il virus dell’organismo umano. Poiché questa cura è faticosa, può causare reazioni tossiche ed è molto dispendiosa, solo i pazienti con più marcato danno al fegato vengono consigliati al trattamento.
In Italia la cirrosi virale è la più frequente indicazione al trapianto di fegato. Decine di migliaia di persone con infezioni croniche da HBV, HCV o HDV in tutto il mondo hanno ricevuto un trapianto di fegato, con sopravvivenza di decenni.
Per il virus B, è possibile prevenire la recidiva da virus B dopo il trapianto mediante la somministrazione a lungo termine di immunoglobuline e lamivudina.
In caso di infezione da virus C, il fegato trapiantato si reinfetta sempre; in questi casi, in assenza di trattamento antivirale, l’evoluzione in cirrosi è abbastanza frequente e rapida.
La legge 210/92 stabilisce la possibilità di indennizzo per chi abbia contratto un’infezione a seguito di emotrasfusioni o all’uso di emoderivati. Perché tale indennizzo possa essere realisticamente richiesto, per quel che riguarda le epatiti virali, è necessario che:
- esista una documentazione ufficiale di trasfusioni o uso di emoderivati;
- vi sia la prova di assenza del virus, o quantomeno di transaminasi normali, precedentemente alla trasfusione;
- sussistano evidenze di infezione in atto.
- In famiglia
L’unica maniera efficace di proteggere i familiari del portatore di virus da epatite B è la vaccinazione di tutti i conviventi.
Per l’epatite C è importante eliminare i possibili contatti con il sangue del portatore. Non occorre adottare eccessive cautele, come l’uso a tavola di stoviglie e posate separate o in bagno di asciugamani a parte. - Col partner sessuale
E’ un obbligo morale e giuridico informare il partner del proprio stato di salute. Ilportatore di virus B può risolvere ogni problema di contagio del partner abituale con la vaccinazione di quest’ultimo. Deve invece, nei rapporti occasionali, utilizzare sempre il profilattico.
La trasmissione sessuale del virus C è rara. Non c’è quindi motivo reale nelle coppie stabili di utilizzare protezioni (profilattico) data la bassa infettività. E’ comunque consigliabile evitare rapporti sessuali durante la fase mestruale. Nei rapporti occasionali va comunque utilizzato il profilattico. Di rado il bacio trasmette il virus. - Nei rapporti sociali
Non c’è ragione di preoccuparsi di potere contagiare amici o contatti casuali in assenza di rapporti sessuali. Non è necessario quindi informarli della condizione di portatore. - Sul lavoro o a scuola
Il problema dell’infezione da virus B in ambiente scolastico è ormai risolto dalla vaccinazione universale obbligatoria. Alcune occupazioni come alimentaristi, vigilatrici di infanzia e personale parasanitario richiedono alcune precauzioni o restrizioni dovute ai contatti che la tipologia della loro professione comporta.
La normativa legale in materia è in evoluzione, ed ancora in parte non adeguata alle conoscenze scientifiche. Un’interpretazione restrittiva di alcune norme potrebbe portare all’esclusione dall’attività lavorativa o dalla scuola. - Dal medico
E’ obbligo avvertire il medico (in particolare chi esegue i prelievi di sangue, il dentista, l’ostetrico, il chirurgo) dello stato di portatore cronico di virus epatitico, affinché vengano intraprese le misure necessarie a non diffondere l’infezione nell’ambiente. E’ utile trascrivere su un documento personale (patente o carta di identità), insieme al gruppo sanguigno, l’indicazione della HBsAg o anti-HCV positività. Non è possibile donare sangue o derivati. Tranne in casi eccezionali, non saranno possibili donazioni di organi dopo la morte, data la probabilità di trasmettere il virus al ricevente.